di Roberto Lucchetti
Un articolo veramente interessante che ho letto recentemente nominava il problema del gioco dei beni pubblici per spiegare alcune scelte del governo israeliano in tema di vaccinazioni. Ma che c’entrano i giochi coi vaccini? Si potrebbe rispondere che la teoria dei giochi c’entra, perché si occupa di studiare come agenti razionali si comportano in situazioni di interazione, e il problema dei vaccini è una tipica situazione interattiva: se si vivesse isolati, il problema non sussisterebbe. Vediamo allora di capire che cosa sia un gioco di bene pubblico. Ecco una sua formulazione:
Ci sono n persone che compongono una società, ognuna delle quali può contribuire con una quantità $q \in [0, m]$ a un progetto comune. Chiamato $q_i$ il contributo dell’individuo $i$, la società raccoglie la quantità $Q=\sum_{i=1}^{n}q_i$, che viene investita in modo da produrre la nuova quantità $aQ$, con $a$ parametro che verifica $a > 1$, e vuol rappresentare il beneficio che la società ricava dagli investimenti dei suoi cittadini. Quanto ottenuto viene poi ridistribuito ugualitariamente tra tutti i cittadini.
Un esempio tipico di una situazione come quella di sopra è il problema delle misure di sicurezza in una cittadina. Il sindaco può chiedere un contributo agli abitanti, il servizio centralizzato permette di ottenere un servizio migliore (modellizzato dal fattore $a$) e tutti i cittadini beneficiano nello stesso modo, qualunque sia il loro contributo.
Questa situazione crea un gioco, in cui l’insieme delle strategie dei giocatori è $[0, m]$ e le loro utilità sono quanto ottengono alla fine del processo. Quale sarà dunque il risultato di questo gioco, cosa faranno i giocatori?
Osserviamo innanzitutto che la situazione ideale, dal punto di vista sociale, è che tutti diano il massimo, cioè $m$. Alla fine infatti ognuno avrà per sé $am$, che è il migliore risultato possibile. Tuttavia, come ragiona il singolo cittadino, agente razionale? Per capirlo, basta rifarsi al primo concetto di razionalità di tutta la teoria, il principio di eliminazione di strategie strettamente dominate:
Un giocatore non usa una strategia $y$ se esiste una strategia $x$ che gli consente di ottenere di più, qualunque cosa facciano gli altri.
Questo principio viene considerato il primo criterio di razionalità, perché ingloba l’assunto fondamentale della teoria delle decisioni, che studia quando un decisore decide da solo (come in un gioco a un sol giocatore); infatti, se la funzione di utilità non dipende dalla presenza di altri, il criterio di sopra implica banalmente che il decisore razionale considera solo strategie che massimizzano la sua utilità. È un principio di applicabilità limitata, perché in genere non permette di selezionare esiti davvero interessanti e credibili di un gioco; di solito occorre un criterio meno restrittivo, che è l’idea di equilibrio di Nash. Ma qui possiamo concludere anche senza appellarci a Nash, ed è una situazione ideale, perché oltre a tutto implica, nel caso che consideriamo, che l’esito possibile sia uno solo. E se la molteplicità di soluzioni non preoccupa un decisore quando è solo, perché qualunque sia poi la strategia scelta il risultato, in termini di utilità, è lo stesso, nel caso di più decisori esiti razionali differenti possono creare problemi, in quanto i decisori potrebbero avere preferenze diverse su questi. Tutto questo, fortunatamente, in questo gioco si evita. Vediamo allora come si analizza. Supponiamo che la quantità totale data dagli altri sia $Q$. Che cosa ottengo se offro $t>0$? Evidentemente $\frac{a(Q+t)}{n}$; se invece tengo $t$ per me avrò $\frac{aQ}{n} + t$. Confrontiamo i due risultati:
$\frac{a(Q+t)}{n}<\frac{aQ}{n}+t \iff \frac{at}{n}<t \iff \frac{a}{n}<1$
se $t > 0$ e se $a < n$, cioè il fattore moltiplicativo $a$ è minore del numero dei giocatori, un’ipotesi assolutamente ragionevole in pratica ($a$ di solito si considera poco maggiore di $1$). Questo significa che ogni offerta $t > 0$ è strettamente dominata, il che implica quindi che l’unico comportamento ragionevole in questo contesto è di offrire $0$. Naturalmente questo ha un effetto disastroso sull’intera società, ed altrettanto naturalmente quanto descritto non è esattamente ciò che accade in situazioni simili: accurati esperimenti mostrano che le persone contribuiscono in genere in quantià che possono essere parecchio variabili ma positive, e anche che la quantità offerta dipende in generale in maniera crescente rispetto al parametro $a$, mentre il risultato teorico è invariante rispetto ad $a < n$. Tuttavia il risultato estremizzato che propone la teoria ha il merito di riflettere una problematica assolutamente reale.
Che c’entra tutto questo con i vaccini? Il fattore moltiplicativo può essere introdotto pensando ai benefici della società ad avere più vaccinati possibili, fino all’immunità di gregge. D’altra parte i giovani sono particolarmente riluttanti a vaccinarsi, sia perché tendono a sottovalutare i rischi della malattia, sia perché la malattia ha effetti meno gravi su di loro. Come ha cercato di porre rimedio il governo israeliano, con la consulenza di esperti di Scienze comportamentali? Con incentivi, una politica sempre più efficace delle minacce. Hanno dunque preso l’iniziativa, chiamata Green Pass, che permette a tutti gli individui immunizzati l’accesso a palestre, eventi sociali, culturali e sportivi, e evita l’obbligo di isolarsi per un certo perido di tempo se si ha avuto un contatto con un positivo, o di ritorno da un viaggio internazionale. Il successo avuto, l’ampia partecipazione al programma vaccinale, ha poi prodotto vantaggi per tutti, perché centri commerciali e musei sono stati riaperti a chiunque.
Un’idea che sta rivelandosi vincente.